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Tre Giornate, un solo impegno

Donne, cibo, dignità. Tre parole che raccontano il senso del nostro lavoro. Perché dove c’è una donna che semina, una famiglia che si nutre e una comunità che ritrova fiducia, lì c’è il futuro che vogliamo costruire. Ci apprestiamo a vivere tre giornate importanti, volute dall’ONU, che ci invitano a guardare da vicino la nostra realtà e la nostra quotidianità.

Il 15 ottobre (donne rurali), il 16 ottobre (alimentazione) e il 17 ottobre (eliminazione della povertà) non sono semplici ricorrenze: per ASeS sono un banco di prova. Come agricoltori che lavorano con altri agricoltori, ci interroghiamo forse più di altri perché vediamo ogni giorno, nei campi, le fragilità e le forze delle comunità. Le affrontiamo sempre come un impegno: l’Agenda 2030 e gli SDGs ci chiedono responsabilità concreta. Non possiamo accettare che fame, lavoro invisibile, esclusione e marginalità restino “normali”. Con i nostri progetti offriamo competenze, strumenti e reti perché il cibo sia sano e sufficiente, i diritti siano esigibili e le famiglie restino unite. Sappiamo che c’è ancora molto da fare: per questo rilanciamo il nostro impegno quotidiano, qui e altrove.

Oggi, 15 ottobre — Donne rurali: il lavoro che regge famiglie e territori

Le donne rurali sono circa un quarto della popolazione mondiale: coltivano, allevano, trasformano, tengono insieme i cicli del cibo. In molti Paesi in via di sviluppo rappresentano in media il 43% della forza lavoro agricola, ma possiedono o controllano molta meno terra degli uomini (in diversi contesti le donne titolari sono sotto il 15%). Il risultato è un divario di mezzi e di reddito che frena tutta la comunità. Per loro il carico di lavoro non finisce quando escono dal campo: sulle loro spalle c’è l’assistenza alla famiglia, ai figli e agli anziani, la gestione della casa. Nel mondo, le donne svolgono oltre tre volte il lavoro di cura non retribuito degli uomini. E dove l’acqua non è in casa, in 7 famiglie su 10 sono donne e ragazze a occuparsi della raccolta, con tempo sottratto alla scuola, alla salute, all’impresa. Spesso vivono in aree remote, con accesso limitato a credito, tecnologie e mercati. Eppure il tema di quest’anno dell’ONU — “Rural women rising – shaping resilient futures with Beijing+30” — dice una cosa semplice: senza le donne rurali non c’è sicurezza alimentare né adattamento climatico. Noi lavoriamo con loro da anni, da agricoltore ad agricoltore: formazione tecnica, accesso a mezzi produttivi, organizzazione in gruppi e cooperative, gestione efficiente di suolo e acqua, perché il tempo liberato possa trasformarsi in diritti e autonomia. Come ASeS, abbiamo sempre presente questa verità e ogni nostro percorso, ogni progetto, mira a cambiare il corso delle cose. Lo facciamo con i nostri progetti, in modo e in forme diverse, nel rispetto delle comunità con le quali operiamo, all’estero e anche in Italia.

Domani, 16 ottobre — Alimentazione: nutrire bene è fare giustizia

Nel suo 80° anniversario, la FAO richiama a lavorare “Hand in Hand for Better Foods and a Better Future” (mano nella mano ) — governi, imprese, società civile — per “Better Production, Better Nutrition, Better Environment, Better Life”. Alcuni numeri: 733 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2023; oltre 2,8 miliardi non potevano permettersi una dieta sana nel 2022. Il prezzo più alto lo pagano i bambini: nel 2023 sono morti 4,8 milioni sotto i 5 anni, quasi il 45% di queste morti è legato alla denutrizione All’opposto, 2,5 miliardi di adulti sono in sovrappeso e 890 milioni vivono con obesità: un sistema che tiene insieme scarsità ed eccesso. Intanto i sistemi agroalimentari generano circa un terzo delle emissioni globali: cambiare come produciamo, trasformiamo e distribuiamo il cibo è anche politica climatica.
Oggi una nuova verità emerge: nei quartieri fragili dei Paesi ricchi — non solo nel Sud del mondo — mangiare bene sta diventando difficile.
Negli anni, come ASeS , abbiamo cercato di arginare questa piaga aiutando le comunità di riferimento con tecniche che aumentano rese e riducono perdite post-raccolta; con la gestione dell’acqua e del suolo; dando vita a filiere corte e alla trasformazione locale perché il valore resti nelle comunità; e, non ultimo, attraverso l’educazione alimentare e la sicurezza del cibo. Una consapevolezza che seminiamo nei progetti in corso all’estero ma anche in quelli italiani. È così che si intrecciano diritto al cibo, salute, reddito e pace sociale.

17 ottobre — Eliminare la povertà

La Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà ricorda che non si tratta solo di reddito ma di dignità, giustizia, appartenenza. Nel 2025 le Nazioni Unite stimano 808 milioni di persone in povertà estrema (con la nuova soglia aggiornata a 3,00 $/giorno — PPP 2021), pari a 1 su 10 nel mondo. Accanto al reddito, 1,1 miliardi di persone vivono una povertà multidimensionale che somma carenze di salute, di istruzione, casa, acqua ed energia. La povertà resta soprattutto rurale.
Il contesto alimentare conferma un’urgenza: nel 2023 circa 733 milioni di persone hanno sofferto la fame e quasi un terzo dell’umanità ha vissuto insicurezza alimentare moderata o grave. Ma fame e povertà non sono solo “altrove”: colpiscono villaggi rurali e periferie dei Paesi ricchi, dove l’accesso quotidiano a una dieta sana è fuori portata per molte famiglie.
La povertà persiste per conflitti e instabilità, shock climatici, debito e crescita debole, e per l’assenza o l’inadeguatezza dei servizi. Il tema ONU 2025 chiede di «porre fine ai maltrattamenti sociali e istituzionali», mettendo per primi chi è più indietro e costruendo servizi che rafforzino le famiglie (dalla casa alla salute, dall’assistenza all’infanzia all’accesso alla giustizia). È un’agenda che guarda ai risultati concreti e si collega al World Social Summit di Doha (4–6 novembre 2025).
Per noi l’impegno passa attraverso la consapevolezza del grande valore della terra, che non ci appartiene ma ci dona cibo e sicurezza. Con questa consapevolezza lavoriamo con le famiglie e comunità rurali perché possano produrre cibo sano e sufficiente, stabilizzare il reddito e trattenere valore nella comunità. In Mozambico, Senegal, Paraguay e in Italia (agricoltura sociale) costruiamo autonomia: gli strumenti restano alle comunità, le decisioni si prendono insieme, i risultati si misurano nel tempo. Questo è il modo in cui traduciamo gli SDGs in pratica quotidiana.
I numeri dicono che la povertà non è finita; la nostra esperienza dice che si può ridurre quando le famiglie hanno terra, acqua, semi, competenze e accesso al mercato. Serve che il lavoro sia dignitoso e che si possa avere cibo sano e servizi che rispettano le persone. Serve giustizia sociale. Forse così la povertà smetterà di essere destino.

Tre giorni interconnessi, legati da un unico denominatore: dignità e rispetto, per arrivare a un mondo di equità e di pari opportunità.

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