“Semillas de Inclusión”: non solo ortaggi. Coltiviamo l’inclusione, empatia e costruiamo cittadinanza
Nel quartiere periferico di Asunción, in Paraguay, il progetto Albino Luis – Semillas de Inclusión promosso da ASeS e finanziato dalla Chiesa Valdese ha avuto un obiettivo preciso: coinvolgere, non solo assistere. Non si è trattato di prendersi cura di ragazzi con disabilità motorie o cognitive come destinatari passivi, ma di includerli pienamente come protagonisti, cittadini attivi.
Per mesi, 25 giovani – senza famiglia e con poche prospettive – sono stati responsabilizzati e coinvolti in attività agricole quotidiane. A seconda delle proprie capacità, ciascuno ha contribuito in modo concreto: semina, irrigazione, cura delle piante, raccolta. Il raccolto, poi, è stato utilizzato direttamente in cucina. Un ciclo completo, tangibile, che ha dato un senso chiaro al loro impegno.



I numeri della produzione parlano da soli:
- Maggio–Luglio 2024: 200 piante di lattuga, 50 di bietola, 30 di basilico, 20 di prezzemolo
- Agosto–Ottobre 2024: 300 lattughe, 150 mazzi di bietola, 100 di prezzemolo, 30 basilico, 50 origano, 12 kg di carote
- Ultimi tre mesi: 800 lattughe, 400 mazzi tra bietola e prezzemolo, 60 kg di pomodori, 40 mazzi di basilico e cipolla verde
Ma il risultato più importante non è quantificabile: è la consapevolezza di esserci, di poter fare, di avere un ruolo. Questi ragazzi hanno lavorato, prodotto, partecipato. Non sono stati “coinvolti per gentile concessione”: sono stati parte del progetto, e il progetto è stato anche loro.
La terra, in questo contesto, non è metafora. È strumento. Ha permesso di creare un ambiente dove ciascuno ha potuto mettersi alla prova, sviluppare fiducia, sentire di avere uno spazio e una responsabilità. L’inclusione, quando è autentica, passa anche dal lavoro, dall’utilità concreta, dal sentirsi dentro a un processo collettivo.
Per ASeS, Semillas de Inclusión rappresenta un esempio concreto di come la cooperazione possa essere costruita sul rispetto delle persone e sulla valorizzazione delle capacità, non sulla commiserazione. Non si è trattato di “fare del bene”, ma di costruire insieme un’esperienza di crescita, dignità e appartenenza.
Anche questo è sviluppo. Anche questo è agricoltura sociale.