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Disuguaglianze Crescenti: Riflessioni di Don Massimo Mapelli sulla Povertà e l’Impegno Individuale

Anche quest’anno, Don Massimo Mapelli, responsabile Caritas della Zona VI-Milano- e presidente dell’associazione “Una Casa Anche Per Te”, ci regala la sua preziosa visione del mondo. Nel suo contributo, Don Mapelli apre il dialogo sulla persistente questione della povertà e sottolinea l’importanza dell’impegno individuale e collettivo per contrastare un mondo in cui le disuguaglianze stanno purtroppo crescendo, tralasciando troppo spesso numerose persone. Un invito a non rassegnarci, ma a prendere parte attiva nel plasmare un futuro più equo per tutti.

Volentieri accolgo l’invito a scrivere qualche pensiero sulla povertà e sull’impegno che ciascuno di noi può e deve vivere al fine di non rassegnarsi ad un mondo nel quale le disuguaglianze crescono e lasciano indietro troppe persone. Oggi ad esempio i giovani vivono molte fatiche, non solo nell’immaginare prospettive future, ma soprattutto a concepire un mondo dove si lotta per il benessere di tutti; vivono quotidianamente una realtà dove ciascuno difende i propri privilegi, incurante della grande fetta di popolazione che oggi non ce la fa. Nella mia vita ho una grande fortuna: quella di condividere da tanti anni la mia casa con tante persone che portano in casa le loro storie di vita, le loro fatiche, ma anche la determinazione con cui chiedono e cercano di farcela ogni giorno. Questa grande fortuna mi salva dall’indifferenza, mi spinge ad inventare percorsi e progetti nuovi, mi spinge ad incontrare ogni giorno persone disposte come me e con me a creare pezzetti di mondo diverso, capaci di includere e che tentano di ridare giustizia a chi subisce ingiustizia ed è escluso.

Dal nostro osservatorio oggi vediamo queste tendenze:
C’è un impoverimento generale, ritornano fortemente a chiedere aiuto gli immigrati, assistiamo ad una femminilizzazione della platea degli ascoltati e degli aiutati, la conferma, anzi l’ampliamento della presenza, tra chi non ce la fa, di persone che lavorano. Le difficoltà diventano maggiori tra chi ha figli minori a carico. Sono traiettorie di evoluzione dell’area di povertà che occorre tenere monitorate e che rischiano anche di condannare le persone e le famiglie povere non solo a non riuscire ad uscire dalla povertà, ma soprattutto a trasmetterla come triste eredità alle loro future generazioni. In generale, sono tutte spie di un disagio diffuso che colpisce e porta ancora più in basso chi viveva già in uno stato di vulnerabilità. Il racconto mass mediatico è sempre però in cerca delle “nuove povertà” e così succede che chi era già in uno stato vulnerabile peggiora la sua situazione nell‘indifferenza generale. Tale processo sta esacerbando la distanza tra chi può e chi no e si incunea tra le generazioni approfondendo un solco tra chi nasce in contesti degradati e chi nasce in contesti in grado di offrire maggiore opportunità. Così però si compromette il futuro delle nuove generazioni e quindi si avvelena il futuro dell’intera comunità. Bisogna preoccuparsi molto anche della notevole presenza, tra le fila di chi chiede aiuto, di persone che lavorano e che sono povere lavorando. Alcuni con contratti regolari, altri precari, molti sottopagati. Ecco perché occorre lottare per la definizione di accettabili minimi salariali. In questo quadro non certo entusiasmante, chi come me ha la fortuna di non incontrare i numeri del disagio, ma i volti e le storie di chi lo vive, non può che accrescere l’impegno. Tocca a ciascuno di noi fare la sua parte e chiedere che le istituzioni facciano la loro, noi intanto però facciamo la nostra !!!

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