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FOCUS: La povertà alimentare – 3 – Paraguay

Il Paraguay si trova attualmento al centro di una vera tempesta sociale ed economica, caratterizzato da una forte crisi alimentare, sanitaria e climatica e questo  a causa del “modello di produzione estrattivo e capitalista” che ha  conseguenze allarmanti. Nelle zone rurali ci sono alti tassi di povertà e spesso gli abitanti non hanno accesso ai beni di prima necessità. Le profonde disparità continuano e le politiche sociali non sono in grado di  ridurre le disuguaglianze.  L’economia paraguaiana è infatti caratterizzata da una propulsione per l’esportazione, soprattutto in ambito agricolo e zootecnico; una grande concentrazione di terra nelle mani di un ristretto gruppo di potenti e con risorse finanziare esigue da destinare all’agricoltura familiare. Parallelamente, assistiamo alla perdita del germoplasma autoctono e alla perdita di conoscenze associate alla riproduzione dei semi autoctoni.

Prendendo come riferimento gli ultimi rapporti sul diritto all`alimentazione, emerge una tesi comune e cioè che in Paraguay vi sono circa 840.000 persone malnutrite, che non possono accedere ad una dieta alimentare idonea e completa e questo sia sotto il profilo della quantità ma anche per quanto riguarda la qualità degli alimenti assunti. Le ultime stime parlano di  2 milioni di persone a forte rischio di povertà assoluta e dunque anche di povertà alimentare. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) afferma che: “Dal 2017 al 2019, la denutrizione è aumentata di un ulteriore 4% proprio in quei paesi che già erano alle prese con questa realtà” e che “la povertà alimentare è in costante aumento in ogni paese dove ci sono  conflitti, condizioni meteorologiche estreme e recessioni economiche, nonché in quei paesi con un’elevata disuguaglianza di reddito”. Il paradosso è evidente: le grandi compagnie produttrici e esportatrici di alimenti aumentano la produzione e i guadagni mentre il numero di persone che soffrono la fame continua a crescere. E questo il risultato dalla costante crescita di superficie coltivata per la produzione di materia prima destinata all’esportazione e della diminuzione delle proprietà dei piccoli agricoltori e degli indigeni. Oggi vi sono sempre più persone a rischio povertà assoluta. La quantità di  soia e carne potrebbe “sfamare settanta milioni di persone nel mondo” in realtà per molti è sempre più difficile portare in tavola tre pasti sani ed  equilibrati.

In questo periodo i movimenti contadini e le comunità indigene sono scesi in piazza più volte rivendicano il loro diritto a nutrirsi ma allo stato attuale a poco è servito. Nel suo rapporto, il Relatore Speciale per il diritto al cibo in Paraguay mette in evidenza le fasce di popolazione maggiormente in difficolta: le comunità indigene, i giovani e i minori,  le donne e gli anziani. Sono loro i primi a subire  le conseguenze di questa grave crisi alimentare e sanitaria, e, come quasi sempre accade, sono gli ultimi a ricevere sostegno e risposte dalle autorità.  Nel caso delle comunità indigene, laddove non ci sono interventi di aiuto da parte degli Enti preposti la situazione è davvero allarmante. A conferma di ciò è anche quanto riportato dal libro-inchiesta  “Salute malattia e povertà urbana”,  che mette a confronto i tassi di mortalità tra la popolazione indigena e gli altri gruppi sociali. L’indigeno vive mediamente 37 anni mentre il resto della popolazione ha un’aspettativa di vita di circa 68 anni, inoltre se analizziamo le principali cause di morte tra i primi troviamo la malnutrizione e tutto quello che questo comporta, le malattie metaboliche e quelle  respiratorie.

Dal 26 al 28 luglio 2021 si è tenuto un “pre-vertice” del  Vertice dei Popoli dell’America Latina per la trasformazione dei Sistemi Alimentari un punto d’incontro per chi si occupa dell’argomento e per diverse organizzazioni della società civile del Paraguay. L’evento si è svolto dal 20 al 23 settembre. Quest’anno la partecipazione al Summit è stata scarsa o nulla e la Global Forest Coalition ha dichiarato che quello che potrebbe essere il palcoscenico per veri progressi nella transizione verso sistemi alimentari sani e sostenibili in America Latina, è in realtà uno spazio per gli interessi dell’industria alimentare, dell’agro business (principalmente zootecnia estensiva) e dell’agro business. Il tema dunque del diritto al cibo e a una dieta equilibrata rimane nell’ombra e anche per il prossimo futuro le prospettive sono tutt’altro che rosee. Da parte sua il Governo sembra assecondare e prediligere un rapporto con l’industria e i potenti trascurando i bisogni della popolazione e, soprattutto,  quelli dei piccoli e piccolissimi agricoltori che oggi, assieme agli indigeni, sono le prime vittime del modello economico e produttivo che distrugge e inquina il Paese.

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