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Denutrizione, malnutrizione e spreco alimentare. I mali della nostra società

5 febbraio, giornata internazionale contro lo spreco alimentare, forse la più vergognosa colpa dell’essere umano sulla quale è necessario, ancora una volta, accendere i riflettori perché malgrado i molti inviti, le sollecitazioni, gli ammonimenti, il nostro pianeta soffre a causa di una sovrabbondanza di cibi buttati. Tutto questo mentre cresce costantemente quella parte di popolazione che deve convivere con la fame e la mancanza di cibo a sufficienza per rientrare nel range di un giusto apporto nutrizionale. Sbaglia chi pensa che la questione sia semplicemente di carattere etico perché sprecare costa, e anche tanto. Costa perché  contribuisce ai cambiamenti climatici, al sovra sfruttamento dei terreni,  (il 28% dei terreni disponibili al mondo è usato per produrre cibo che poi non viene consumato) e aumenta l’insicurezza alimentare nelle aree del mondo già a rischio di disuguaglianza sociale. Il cibo buttato via inutilmente, nei vari passaggi dal campo alla tavola, ha un costo economico stimato in 750 miliardi di dollari, pari a 565 miliardi di euro.

Un gesto che dimostra quanto poco valore diamo al cibo, alle risorse della terrà e quanta poca considerazione abbiamo per chi lo ha prodotto, spesso in cambio di un misero guadagno. Ogni alimento sprecato è una risorsa rubata alla terra e a chi ha fame. Sono le cattive abitudini alimentari, soprattutto dei paesi ricchi, la causa principale di questo sciupo: si compera molto di più di quanto è necessario, non si conservano i prodotti in modo adeguato e spesso a finire nella spazzatura sono cibi che crediamo scaduti, anche se l’etichetta specifica “preferibilmente entro”.  Eppure secondo gli ultimi dati forniti dalla Fao per produrre generi alimentari che non saranno mai mangiati si emettono 3,3 miliardi di tonnellate dianidride carbonica, più del doppio delle emissioni Co2 causate dai trasporti su strada degli Stati Uniti. A risentire negativamente dello spreco di cibo sono anche il suolo, l’acqua e la biodiversità. Tutto questo mentre aumenta la popolazione mondiale e aumenta la domanda di cibo. Che la questione sia molto complessa è evidente ma questo non giustifica il fatto che non si cerchi di cambiare le proprie abitudini, ogni uno nel suo piccolo e come può. Siamo dunque tutti indistintamente chiamati con urgenza a fare la nostra parte. La Fao ha rivolto un appello alle imprese nel settore alimentare affinché regalino il cibo invendibile, magari perché scaduto, mettano sul mercato gli articoli imperfetti a minor prezzo e consentano ai consumatori di comprare solo la quantità desiderata.

Come ASeS abbiamo cercato di sensibilizzare la pubblica opinione con la mostra itinerante Foodpoor vs Foodpoor, una serie di scatti realizzati in Senegal,  dal fotografo Mauro Pagnano, che abbiamo poi raccolto in un book. Immagini che non hanno bisogno di commenti o di descrizioni perché chi le osserva non può restare indifferente ai volti rigati, agli occhi rassegnati e alle mani deformate dal duro lavoro; fotografie che emozionano perchè raccontano di chi, ogni giorno, è costretto a convivere con pochissime risorse e che è lontano dal avere una vita dignitosa. Un piccolo contributo per cercare di sensibilizzare al rischio di trasformare il cibo in ossessione, in strumento di status e vanto: Foodporn, appunto.

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